Sveglio

Respira e ascolta il silenzio.

Guarda all’insù e gode dei dettagli,

osserva gli oggetti immobili, nella penombra o illuminati da una fioca luce che sembra dar loro tutto un altro aspetto.

E si rende conto che è effettivamente così, non sembra, è.

C’è qualcosa di inspiegabile a parole, ma qualcosa che lui sa,

Si gode quel momento sereno, in sintonia con tutto il resto, sentendo ciò che di solito non riesce a sentire.

Dovrebbe essere stanco, ma inspiegabilmente non riesce a smettere di pensare.

Che sia passato, presente, futuro, ieri, oggi, domani, perché, per cosa, per come.

E’ quasi come se il Mondo si stesse riposando per il risveglio del giorno successivo.

Chissà cosa accade dall’altra parte del mondo, chissà se il battito d’ali di una farfalla genera davvero un uragano dall’altra parte del Mondo.

La luce della lampada sembra impercettibilmente meno intensa.

Forse la sua vista si sta abituando.

Ma no, non è questo.

Si alza.

Si siede accanto alla finestra.

Sorride, anche se nessuno può vederlo.

Ringrazia se stesso per essere stato così paziente per assistere, una volta di più, allo spettacolo più bello di tutti.

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Presente o Futuro? Assolutamente entrambi

Abstract: stasera mi gira un po’ così, pensando a quante diavolo di scelte effettuo ogni giorno, banali (vedo Person of Interest o Sherlock? Tanto so che li vedrò entrambi) o non banali (Cornetto al cappuccino o MaxiBon?), mi è capitato di sviscerare dalla mente due/tre pensieri e considerazioni sulle scelte in rapporto al tempo, ai nostri cosidetti “presente” e “futuro”. Ma che sono in realtà secondo voi? Beh se non avete già chiuso la pagina e avermi maledetto per avervi fatto venire voglia di un gelato che volete ma non avete nel congelatore, allora leggete sotto. DC (che non sta per Democrazia Cristiana).

Parliamoci chiaro: presente e futuro sono due cose distinte o spesso si avvicinano ad essere la stessa cosa?

Il cuore del mio discorso è: sono assolutamente complementari l’uno con l’altro, ma in modo estremamente complesso, probabilmente in un modo inconcepibile per molto tempo ancora.

Se potessimo costruire un sistema che tenesse conto di tutte le variabili che entrano in gioco quando con una scelta in un determinato istante t cambi l’istante successivo t’, l’elaborazione di una qualche sorta di risultato, se esistesse, necessiterebbe perlomeno qualche migliaio di anni, per ogni persona!

“Nel mio futuro voglio, nel mio futuro devo, nel mio futuro avrò”.

Si si certo, è sempre incoraggiante e positivo pianificare e avere le idee (più o meno) chiare sulla propria strada nella vita, ma quante volte si ottiene esattamente quello che si desidera e come lo si desidera?

Non rispondo a questa domanda, non occorre che lo faccia.

Quindi perché non devo vivere un presente “al massimo” se poi il futuro non è mai certo? Verrebbe da domandarsi.

Beh facile a pensarsi, difficile a farsi.

Oggi si è troppo influenzati dal proprio futuro (per i fortunati che ancora credono seriamente di averne uno).

Ed è giusto che sia così!

Allora per che cosa lottiamo? Per che cosa ci svegliamo la mattina e per cosa viviamo la giornata?

Però il problema (SERIO) si manifesta quando si dimentica di vivere il presente.

Non farò una cazzo di lista dove dirò tutte le cose che ti stai perdendo e che ancora ti perderai.

Le sai già, così come le so io.

Ma anche questa è una scelta.

Scegliere una cosa per non sceglierne un’altra.

Allora dove sta il punto?

E’ tutta questione di trovare quel fottuto equilibrio che ti faccia sentire soddisfatto.

Sia chiaro, c’è chi è masochista e non si sentirà mai soddisfatto, chi è soddisfatto raramente e chi sarà invece sempre troppo soddisfatto (ebbene si anche questo è un male).

Ma se non mi godessi quell’ossigeno che respiro ogni giorno (e non solo quello purtroppo), se non sbattessi la testa fino a capire una sbaglio, una lezione di vita, se non sognassi ad occhi aperti ora che ho questa età, se non guardassi lontano con fiducia prendendomi un Mojito con il mio presente, allora

che cazzo vivrei a fare?

DC

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Immerso nel Mondo – Parte 3

Nelle parti 1-2:

“Aprì gli occhi e per poco non gli venne un infarto. Dove era finito? Doveva agire in fretta. Continuò lentamente, dosando ogni milligrammo di ossigeno esperando con tutto se stesso di farcela. In un istante che sembrò non arrivare mai, finalmente riemerse. E quel che vide non fu facile da realizzare.”

“Cominciava ad essere preoccupato. Aveva la netta impressione di non essere solo. Finché, il terreno non gli mancó da sotto i piedi: cadde con violenza per diversi metri in un cratere che si era aperto sotto di lui. Atterrò male. Gli faceva male dappertutto. Guardò in alto: un paio di metri sopra di lui si ergeva una figura a 4 zampe. Possente. Cercò di mettere a fuoco quell’essere, quando perse i sensi e improvvisamente tutto divenne buio.”

Un odore pungente risvegliò in un istante i suoi sensi.

Legno bruciato misto a qualcosa che gli ricordava i mirtilli.

“Ma tu senti un po’” pensò.

Si trovava disteso su una superficie che non seppe identificare al tatto.

Sembrava estremamente liscia. Aveva come la sensazione che essa accompagnasse ogni curva del suo corpo in modo quasi naturale.

Le sue percezioni sensoriali erano aumentate, così come la sua fame.

“Quanto darei per essere al Covo” pensò immaginandosi davanti ad un piatto di ravioli al forno con la besciamella che tanto amava.

Si trovava all’interno di una stanza circolare, piena di una vegetazione a lui sconosciuta tutt’intorno e avente un foro centrale alla sommità dove filtrava la luce.

Lui si trovava leggermente sopraelevato rispetto al terreno e aveva la strana sensazione di essere sospeso in aria.

Provò a muoversi.

Ed è in quel momento che sperimentò una cosa stranissima: cercò di divincolarsi dalla superficie sulla quale era disteso, ma era come se tale materiale opponesse resistenza ai suoi spostamenti, riscaldandosi e aumentano l’attrito con la sua pelle.

“Ma veramente? Beh perlomeno sentirò un po’ meno freddo” pensò.

Ed era maledettamente vero, lì dentro c’era proprio freddo.

Decise di imprimere più forza ai suoi movimenti quando, finalmente, riuscì ad interrompere il contatto tra la sua pelle e la strana superficie dalla forma mutevole.

Si stiracchiò e mise bene a fuoco ciò che lo circondava.

Si rese subito conto della gravita del problema: dove diamine era la porta di uscita?

Un onda di panico voleva impadronirsi di lui, ma era troppo esperto per farsi fregare;

no, l’avrebbe vinta lui con un po’ di raziocinio e sangue freddo.

Stava per poggiare un piede per terra quando, grazie al cielo, decise che era meglio dare un’occhiata a ciò su cui stava per poggiare i piedi; a dispetto della vegetazione, di per sé singolare ma sicuramente non sbalorditiva rispetto a ciò che aveva già visto nel corso della sua vita, il pavimento sembrava essere fatto di argento liquido.

Non solo, ma quando avvicinò il piede, il pavimento vibrò impercettibilmente quasi fosse un sensore pronto a captare un segnale e trasmetterlo a chi di dovere.

Decise che fosse cosa saggia non poggiare i piedi per terra.

Allora come uscire?

Capì che l’unica reale via d’uscita era il foro alla sommità della stanza.

Ci sarebbe passato?

Con un po’ di fatica ci sarebbe riuscito, ma comunque valeva la pena provare;

l’alternativa era quella di attendere impotente il suo destino.

Per fortuna non gli era mai mancata l’agilità atletica: con una spinta ben assestata dalla base su cui risiedeva la strana superficie dalla forma mutevole, saltò e arrivò a quello che a suo avviso era il più robusto degli alberi della circostante vegetazione.

Rapido e silenzioso arrivò rapidamente nel punto più vicino al foro della salvezza: allungandosi in modo quasi sovraumano, riuscì a trovare una base esterna per le sue mani in modo da darsi una spinta e sollevare il suo peso.

Con altrettanto sforzo, in realtà con tutto lo sforzo che aveva in corpo, si sollevò e riuscì ad uscire da quella stanza.

Ebbe appena il tempo di saggiare l’aria quando senti un oggetto rapidissimo passargli vicino l’orecchio.

Sapeva già trattarsi di una freccia; istintivamente si abbassò, appena in tempo per evitare la seconda e poi la terza.

Per evitare la quarta però, dovette rotolare su se stesso ma… fu troppo rapido.

Con il piede perse la presa e cadde giù dal tetto circolare.

Mentre cadeva sentì delle voci.

Ebbe l’impressione che fosse solo l’inizio.

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Correre

La rabbia interiore lo aveva assalito in quell’istante.
Succedeva di rado, ma sapeva che accadeva sempre per qualcosa di importante, qualcosa che lo condizionava.
Si chiese se questa fosse una di queste.
Provò a riordinare i pensieri, ma essi sembravano quasi soltanto volersi ingarbugliare ancora di più.
Decise che non valeva la pena fare un secondo tentativo: era più utile fare ciò che lo faceva sentire meglio.
Correre… Correre e… Ancora correre e poi… Scrivere, di getto, con l’anima.
Aprì l’ultimo cassetto e tiro fuori quelle pagine ingiallite che profumavano di pioggia e terra.
Prese le chiavi, uscì e corse.
Corse veloce, velocissimo, sapendo esattamente dove andare.
Poi le sue mani toccarono l’umida corteccia di quell’albero.
Salì, con rabbia, forza, decisione, finché arrivò al suo ramo.
Il panorama da lassù era notevole, come sempre.
Aveva il potere di farlo sentire subito meglio.
Prese la penna, quella sua penna, nascosta tra due strati di corteccia e scrisse.
Scrisse senza sosta.
Per il momento era tutto ciò che bastava.

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Il suono del silenzio

Aprì gli occhi e sentì quei sussurri del cielo.
Rimase immobile, quasi un suo movimento potesse spezzare la quiete.
Rimase in ascolto. Poi d’un tratto decise si alzarsi, aprì la porta e la tenue luce solare lambì le pareti della sua stanza, rivelando un lampo delle passioni della sua vita.
Sospirò e fece il primo passo; la temperatura dell’aria era diversa,
più fresca, più pungente.
Quanto bastò per innescare in lui il desiderio di ritornare dov’era.
Ma questo desiderio fu sopraffatto da qualcosa che in quel momento desiderava di più.
Si sedette nel suo posto preferito e guardo il cielo.
Cominciò a sentire sulla pelle l’odore della pioggia e i vestiti appesantirsi.
Aumento l’intensità.
Si sentì felice e in qualche modo più libero.
Si chiese cosa avesse provocato questa reazione del cielo.
Forte, fortissimo, piano, pianissimo.
Era il momento che aspettava da tanto.
Era così certo che quella sarebbe stata la svolta che aspettava solo l’attimo in cui sarebbe accaduto.
Ad un tratto sorrise, tutto divenne chiaro.
Ancora una volta il silenzio della pioggia aveva fatto il suo dovere.

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